Occuparsi di comunicazione implica necessariamente sapere che cos’è il neuromarketing e sfruttarlo? Ovviamente no. Ma possiamo assicurarti che conoscere questa disciplina può aiutare molto a settare in modo corretto i messaggi comunicativi ed a raggiungere il target nel modo giusto.

Il tema che però oggi vogliamo trattare è un pochettino più ampio. Quali sono le implicazioni etiche del neuromarketing? Capire come approcciarsi ad un potenziale cliente, significa manipolarlo? Dove sta il confine tra essere un buon marketer – online o offline poco cambia – e diventare un pericoloso affabulatore?

Se ti va, scopriamolo insieme!

Che cos’è il neuromarketing?

Prima di affrontare la questione etica e comprendere le implicazioni che si collegano alla capacità di “parlare” al cervello dei nostri potenziali clienti, definiamo che cos’è il neuromarketing.
Questo particolare ambito di ricerca applica i principi delle neuroscienze al marketing, studiando il modo in cui il cervello umano risponde a sollecitazioni che hanno a che fare con la pubblicità e con gli approcci commerciali.

L’obiettivo di questa crasi tra due mondi così apparentemente lontani è quello di comprendere come si attuano i processi decisionali che portano all’acquisto.

Strettamente collegata al neuromarketing, anche l’economia comportamentale può aiutarci a farci un’idea più precisa di come il consumatore – noi stessi in fin dei conti – arriviamo a scegliere di acquistare un prodotto o servizio piuttosto che un altro. Seguendo questa recente teoria, si supera quella definizione che vede un insieme di valutazioni razionali ed utilitaristiche alla base dei comportamenti d’acquisto, dando spazio ad un insieme di forze dinamiche ed irrazionali che esercitano un’influenza altrettanto importante.

Tecniche di neuromarketing

Definito che cos’è il neuromarketing, possiamo spingerci un po’ più in là e accennare quelle che sono le tecniche attraverso le quali ottenere dati significativi.
Gli esperti di neuromarketing utilizzano tecniche di brand image per registrare il modo in cui il cervello delle persone risponde agli stimoli indotti.

Le più famose?

  • l’elettroencefalogramma
  • la tomografia ad emissione di positroni
  • la magnetoencefalografia
  • la risonanza magnetica funzionale
  • la topografia a stato stazionario

In tutti questi casi, vengono analizzati parametri biologici quali l’attività elettrica del cervello, il consumo di ossigeno e di glucosio, le attività neuronali, il flusso sanguigno all’interno del cervello e mappe funzionali del cervello stesso.

Nell’ambito delle scienze sociali si fa ricorso anche all’eye tracker, che traccia posizione e movimento degli occhi, facial coding system, per analizzare le risposte emotive delle persone attraverso cambiamenti nella tensione dei muscoli facciali, risposta galvanica della pelle, che misura le variazioni nelle caratteristiche elettriche della pelle, ed infine la frequenza cardiaca.

Neuromarketing e comunicazione etica

Diciamo intanto una cosa: non tutte le agenzie di comunicazione integrano il loro lavoro con le tecniche di neuromarketing. Anzi sono una ristretta nicchia, in considerazione anche degli investimenti economici davvero importanti!

Questo tuttavia, una volta compreso che cos’è il neuromarketing, non ci esimi dal chiederci se queste particolari tecniche rientrano nell’ambito di una corretta etica di comunicazione.

Ci saranno sempre pareri discordanti, ma come accade per le regole della persuasione di Robert Cialdini, la differenza sta tutta nel modo in cui le informazioni vengono usate.

Così come persuadere non significa manipolare, così conoscere il modo in cui il cervello reagisce a messaggi, musica, immagini, suggestioni, non significa essere in grado di deviare il pensiero dell’essere umano.

Dal nostro punto di vista conoscere i meccanismi attraverso i quali i le persone orientano i propri comportamenti d’acquisto, significa essere in grado di migliorare il modo in cui ci rivolgiamo a loro.
Un po’ come tratteggiare le nostre buyer personas.
Vuol dire creare delle pubblicità più accattivanti, scegliere il modo giusto per farci ascoltare. Ma sempre condividendo informazioni vere.

Ecco, è nella verità che sta il limite che permette al neuromarketing di essere etico.